Chitarre 1987
Chitarre 1987
Q: Mi pare di capire che il tuo primo approccio alla chitarra sia stato piuttosto inconsueto, ti piaceva il sax?
AH: Certo! Ho preso in mano la mia prima chitarra (molto economica, una decina di scellini...) solo per curiosità; il mio interesse si è sviluppato gradualmente. Ero già ventenne, credo.
Q: Le tue prime influenze, sono prettamente di sassofonisti, allora? Parker, Adderley, Coltrane?
AH: Sì. I chitarristi che ascoltavo più erano Django Reinhardt e soprattutto Charlie Christian, per via del sound. In genere non mi piace il suono della chitarra jazz: è 'gommoso, spento, corto.
Q: Scusa la domanda, ma... hai mai suonato musica 'comune’?
AH: Come no? Ho suonato con i soliti gruppi di musica pop; anche se ascoltavo molto jazz, per via della passione di mio padre, Sam, ottimo pianista; ma non sapevo suonarlo.
Q: Poi sono cominciate le collaborazioni importanti: Soft Machine, Gong, Jean-Luc Ponty, UK; è allora che ti sei addentrato nei meandri di costruzioni musicali piuttosto complesse, strutture armoniche insolite, tempi dispari, no?
AH: Esatto. E questo tipo di esperienza ha naturalmente influenzato il mio fraseggio. Anche la mia musica ha battute dispari qua e là, ma sono saltuarie. Lì si trattava di un tempo dispari fisso.
Q: Non ti sei mai sentito un po... sfruttato come solista?
AH: Non mi ci far pensare! Specie con gruppi come gli UK, il mio compito era di fare assoli; e spesso mi si chiedeva di ripeterli come sul disco, tutti uguali, sera dopo sera... che per uno come me, sempre interessato alla sperimentazione, è una tortura.
Q: Pare che Eddie Van Halen affermi, oltre che tu sei il numero uno nella sua lista, di poter suonare le cose che fai tu, solo se si tira la chitarra un po' più su, verso il torace, quando suona...
AH: [Risatine] Sì, ho letto qualcosa del genere....
Q: [Ridacchiando] Perché sghignazzi?
AH: Guarda, Edward è un grosso talento naturale, innovativo, fa cose incredibili con quella chitarra nel rock. Ma se deve suonare su due accordi... diciamo che non è il suo genere, ecco (ancora risatine)...
Q: La tua musica a volte sembra troppo intellettuale, scientifica. Forse perché stai lavorando su un linguaggio totalmente nuovo, insolito e quindi difficile da recipere. Ho notato anche che non cadi mai sul tiro di tipo ‘nero’, il ‘groove’, per capirci. E una scelta?
AH: La musica per me deve trattare le emozioni, non e una scienza. ma non riesco a sopportare il batterista che si stende sul groove; mi piacciono quelli che suonano, tipo Chad Wackerman… e fantastico, non si ferma neanche se gli spari. E non sgarra mai, anzi, se vada fuoro io devo rincorrerlo perché lui non mi verrà mai dictro. e un sequencer, pronto però a tutta una serie di variazione. E Tony Williams, che mi trascina totalmente quando suona, mi coinvolge, e magico. Il che mi succede anche con musicisti come Keith Jarrett e Michael Brecker.
Q: Quei particolarissimi rivolti che usi... tu dici che dipendono dal fatto che non ti piacciono gli accordi tradizionale più ortodossi. Che cosa ti guida in questa ricerca?
AH: Un ricerca di tipo più pianistico con molto più inventiva. Qui mi serve lo spesso della seconda mano su una tastiera. E poiché non mi piace la pennata, tendo a far suonare tutte le note insieme, usando le dita invece del plettro.
Q: Per rimanere un attimo sulla tecnica oltre ad un vibrato di tipo più classico che rock [parallelo alla corda anziché al tasto] una delle tue caratteristiche più notevoli e la straordinaria facilitata di legato, con un movimento è normale per quello ascendente (hammer on), ma particolare per quello discendente (pull off) vero?
AH: Beh, non mi piace quel miagolio, causato dallo spostamento laterale della corda durante il movimento del dito; così piuttosto che adottare un movimento di strappo laterale alzo e Abbasso le dita direttamente sul tasto.
Q: Veniamo alla parte che farà alzare il sederino dei nostri lettori sui bordi delle sedie: i tuoi assoli. Qual è stata la tua impostazione di partenza per raggiungere sonorità così insolite?
AH: L’originalità, evitando accuratamente di imitare qualcuno.
Q: È per questo che non ti si sente quasi mai su un fraseggio tradizionale tipo rock-blues... Ma non lo usi nemmeno a casa, rilassato sul divano?
AH: No, anche lì preferisco sperimentare.
Q: Sembra che tu ti eserciti e studi molto. Su che fai scale, accordi ed esercizi vari; ma come ti vengono queste diteggiature così strane?
AH: Sperimentando diverse combinazioni di note. Provo a far suonare le note in un certo modo. Faccio cosi: provo a suonare la stessa nota su un corda diversa, ogni volta che compare in una linea melodica; il primo La può essere sulla seconda corda, quella dopo sulla prima, quello successivo ancora sulla seconda.
Q: Ti riferisci alla diteggiature alternative del sax?
AH: Sì, diteggiature false, dove ottieni le stesse note ma con suoni diversi... e quasi come … sembro pazzo... io sono pazzo [risata]. Come ti dicevo, quello di cui ho veramente bisogno e di fermarmi per due anni, ora che so ciò che vorrei conoscere. Voglio dire che forse ognuno sa ciò che vuole conoscere, ma quando devi uscir fuori e suonare, e non hai veramente tempo per lavorare sulle cose che vuoi veramente approfondire.... Tanto sarò sempre scontento [abbassa il tono di voce], sono sicuro che anche dopo questi due ipotetici anni ricomincerò e mi sentirò come prima. Ma suoni cose diverse, puoi essere ad un livello differente e... forse non fa nessuna differenza. Tranne che... la cosa più importante è che suonerei meglio.
Q: Allan, che significa per te suonare ‘meglio? Dov'è il punto in cui sei completamente soddisfatto?
AH: Non c'è. Non lo sarò mai. Se sei soddisfatto, allora quello è il momento di fermarti. Non c'è un momento in cui penso di potermi fermare. Ci sarà un momento in cui i tuoi arti si muoveranno peggio, le tue mani non faranno ciò che tu vuoi che facciano, non ti ricorderai più niente...
Q: Come vedi la situazione chitarristica attuale? Dove va la chitarra?
AH: Non penso mai alla chitarra. So ciò che voglio provare a raggiungere con la mia musica, il prossimo passo, la direzione... il modo in cui la musica ti arriva, come è eseguita. Ho idee molto precise su come tutto ciò potrebbe essere.
Q: Diciamo che ti prendi questi due anni, quale sarà la prossima mossa? Ti chiudi in casa a fare cosa?
AH: Scrivere o... No, solo esercizi. Su tutto ciò in cui sono terribile. Le stesse cose che ho sempre fatto, tranne che invece di essere sul palco a suonare cercando di sopravvivere, mi metterei proprio a lavorare sulle cose che ho bisogno di studiare. Niente composizione, solo studio. Se poi qualcosa uscisse fuori, tanto meglio. Lavoro duro; come dire “sono troppo grasso, devo smettere di bere birra, mettermi a dieta, smettere il biliardo e fare ciclismo". Ecco ciò di cui sento il bisogno, musicalmente; così che possa tornare a dire "ok, mi sento molto meglio ora".
Q: Devi esercitarti sulla tecnica del tapping, così sarai finalmente capace di suonare come Van Halen, giusto? [fine della chiacchierata in quanto questo 'chitarrista che non ride mai' è nel frattempo scivolato sotto il tavolo, ridendo in una maniera tale da non essere più in grado di articolare risposte...]