Una Chitarra... Un Mito (Strumenti Musicali 1993, Italian)

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UNA CHITARRA... UN MITO Strumenti Musical Settembre '93 Roberto Valentino - Foto: Giancarlo Martini

Per molti chitarristi rock e fusion delle ultime generazioni è un vero mito, per tutti è certamente uno degli strumentisti più dotati e innovativi degli ultimi decenni. Eppure la sua prima passione è stata il sassofono e in qualche modo lo si percepisce anche adesso che della chitarra è una star di prima grandezza.

Inglese dello Yorkshire, Allan Holdsworth ha incominciato a interessarsi seriamente allo strumento che gli avrebbe dato così tante soddisfazioni solo verso i 18 anni, un po' tardi forse, in tempo comunque per crearsi quelle solide basi messe in seguito a buon frutto. E in tempo per inserirsi nel vitale movimento del British Jazz anni Settanta: non a caso la sua prima incisione importante la effettuerà con uno dei nomi di maggior spicco di quella corrente musicale, il trombettista lan Carr, all'epoca leader dei Nucleus. La comparsa in Belladonna, anche se in soli due brani, mette infatti in luce Holdsworth che di li a poco entrerà nelle file dei Tempest dell'ex Colosseum John Hiseman, per poi confluire in una delle ultime formazioni dei Soft Machine. Esperienze diverse, in bilico fra jazz elettrico e progressivo rock, che danno il senso della versatilità del musicista, qualità questa che ben si adatta alle esigenze del batterista americano Tony Williams che scrittura Holdsworth per la nuova edizione dei suoi Lifetime. L'avventura americana è fra le più felici ma, come tutte le belle avventure, destinata a finire e, all'indomani dello scioglimento del "New Tony Williams Lifetime", Holdsworth riprende la strada di casa per unirsi ai Gong e per intraprendere un'altra preziosa collaborazione, quella con il violinista francese Jean Luc Ponty. Dello stesso periodo è la costituzione di un supergruppo, gli U.K. - insieme a Eddie Jobson, John Wetton e Bill Bruford - e di li a non molto verrà avviato il fruttuoso sodalizio con il pianista Gordon Beck. Il seguito è storia tutta legata a una carriera solistica improntata a una personale ricerca strumentale che porterà il suo protagonista a cimentarsi anche con un nuovo strumento come il SynthAxe. Questo, in sintesi, l'itinerario musicale di Allan Holdsworth, un musicista che crede fermamente in quello che fa, nella sua musica, nelle possibilità di uno strumento che nelle sue mani sembra sempre proteso verso il futuro. E, al di là del mito, un incontro con lui rivela un uomo e un musicista consapevoli si dei traguardi raggiunti, ma per nulla fermi sulle proprie posizioni. E il nostro, una chiacchierata quasi amichevole più che un incontro professionale, è avvenuto passeggiando per le strade di Ravenna, appe. na concluso il soundcheck per il concerto serale in chiusura dell'edizione '93 di "Mister Jazz", che lo ha visto in scena insieme alla sua attuale band con Steve Hunt alle tastiere, Skuli Sverisson al basso elettrico e l'immancabile Gary Husband alla batteria: un trionfo. C'era da dubitarne?

S.M.: Come è cambiato, se è cambiato, il tuo approccio strumentale dagli inizi della carriera sino a oggi?

Allan Holdsworth: Non penso sia cambiato: si è evoluto attraverso numerose esperienze che mi hanno permesso di apprendere cose nuove, ma è rimasto sostanzialmente lo stesso. È stato un processo di crescita graduale in sintonia con quello che accadeva attorno a me. Tendo sempre od ascoltare il flusso delle note come un tutt'uno, dall'inizio alla fine, piuttosto che ascoltare una nota alla volta. E questo mio modo di vedere si riflette anche nel mio approccio strumentale.

S.M.: Quali sono i chitarristi che ti hanno influenzato maggiormente?

A.H.: Innanzitutto Charlie Christian, poi Django Reinhardt, Jimmy Rainey, Joe Pass...

S.M.: Prima ancora però c'era il sassofono nei tuoi pensieri...

A.H.: Si è vero. Mi piacevano molto soprattutto Cannonball Adderley e John Coltrane: ascoltavo in particolare i dischi in cui tutti e due suonavano con Miles Davis. Erano straordinari!

S.M.: Ascoltavi solo jazz, dunque.

A.H.: Non solo. Ho sempre ascoltato musiche diverse: dal jazz, al pop, alla musica classica.

S.M.: Nel corso della tua attività musicale hai collaborato con molti musicisti, di varie aree espressive, ti piacerebbe rincontrare qualcuno di loro?

A.H.: È sempre bello e stimolante suonare con altri musicisti, ma ciò che mi interessa di più adesso è suonare la mia musica. Per cui, al momento, non vedo il motivo di mettermi a suonare cose di altri: mi piace vera. mente la mine musica e questo mihrere

S.M.: Ma la collaborazione con Gordon Beck continua ancora, però.

A.H.: È una cosa diversa. È una collaborazione alla pari, nessuno di noi due è il leader, suoniamo insieme semplicemente perché ci piace farlo e presto incideremo un nuovo disco composto tutto da standard del jazz.

S.M.: Oltre a questo disco con Gordon Beck, hai in preparazione qualcosa con la tua band?

A.H.: Si, incideremo un nuovo album insie me entro la fine dell'anno. Con i musicisti della mia band mi trovo molto bene, con Gary Husband poi suono da tanti anni e fra noi c'è un'intesa perfetta.

S.M.: Quando si parla di Allan Holdsworth ciò che solitamente viene sottolineato è la tecnica poderosa, il tipico fraseggio legato ecc. Pensi che per un musicista debba essere più importante l'aspetto tecnico o quello creativo?

A.H.: La creatività è sempre la cosa più importante, anche se non sei in possesso di un grande bagaglio tecnico. Uno può anche avere una profonda conoscenza tecnica dello strumento, ma se difetta in fonta sia, in creatività, è difficile che possa portare delle idee interessanti in musica. Comunque si deve sempre creare un equilibrio fra creatività e tecnica, anche se io privilegio il primo aspetto

S.M.: E fra composizione e improvvisazione?

A.H.: Per me improvisare significa suonare ogni volta in modo differente lo stesso brano, significa offrire una visione sempre nuo va della composizione cercando di non ripetersi mai. Questa è la cosa più impor tante: non copiare mai se stessi!

S.M.: Parliamo di chitarre. Con cosa hai cominciato?

A.H.: La mia prima chitarra era una chitarra jazz acustica. Poi mio padre mi compro una Fender Stratocaster che ho usato per alcuni mesi, prima di passare alla Gibson SG che ho suonato per circa dieci anni. In seguito ho adottato diversi modelli, in base a motivazioni espressive, ma anche alle disponibilità economiche del momento. Per un certo periodo ho avuto una Ibanez, modello AH 10, disegnato appositamente per me SM: Adesso cosa usi?

A.H.: Da alcuni anni suono una chitarra Steinberger, che ha modificato per me un lutoio di Monterey, Bill De Lap. E una chitarra baritono che si adatta bene alla mia necessità di avere le note più basse, senza modificare il suono che mi piace ottenere. In sostanza ha solo un range più basso rispetto alle chitarre normali,

S.M.: Da un po' non ti si vede più in giro con il SynthAxe...

A.H.: In effetti e cosi. Mi piaceva molto suonarlo ma da qualche tempo stava diventando pericoloso, nel senso che dimostrava scarsa affidabilità e quando si verificava qualche problema, non ero in grado di ripararlo da solo. Il fatto è che il SynthAxe è uno strumento ancora giovane che abbisogna di un'evoluzione tecnica continua, altrimenti rischia di diventare obsoleto in breve tempo. E io ho bisogno di avere fra le mani uno strumento affidabile che non mi pianti in asso nel bel mezzo di un tour! Allora preferisco suonare solo la chitarra, perché sento sempre il bisogno di andare avanti musicalmente e non mi va di farmi frenare o condizionare da uno strumento che non conosco a fondo.

S.M.: Ti avvali della tecnologia in fase di composizione?

A.H.: No. Ho scritto qualcosa con il Synth Axe, ma generalmente compongo con la chitarra. Le idee compositive nascono in modo diverso: generalmente parto dalla melodia, ma può succedere che l'idea venga da un certo tempo, e a volte è proprio il mio batterista a offrirmi lo spunto.

S.M.: Che tipo di effetti adoperi attualmen te?

A.H.: Quasi sempre uso un delay mono. Non mi piacciono i multiprocessori di segnale perché non c'è ancora quello che ta per me non offrono ancora la possibilità di operare in modo semplice e le cose troppo complesse non le amo molto.

S.M.: Puoi descrivere il tuo rack?

A.H.: Cambio di continuo. Attualmente il mio rack è diviso in due parti: il Clean Rack è composto da due Delta Lab DL 4, che hanno la funzione di eco e di delay, due Lexicon PCM 41, due Roland 3000, due digital delay Yamaha D 1500, un ART Rev. Il tutto entra in un mixer della Kawai. Il Lead Rack è formato invece da tre Korg DRV 3000 e da un mixer sempre della Korg.

S.M.: Quanti amplificatori usi dal vivo?

A.H.: Tre: due per il Clean Rack e uno per il Lead Rack collegato a un Dual Rectifier che mi serve per gli assoli. Sono tutti e tre della Mesa Boogie. Ma come dicevo prima mi piace cambiare, per cui in un prossimo tour avrò quasi sicuramente un rack differente.

S.M.: Ti piace cambiare anche in musica?

A.H.: Mi piace suonare brani dalla struttura diversa, ma la mia direzione musicale penso sia sempre la medesima.

S.M.: Come vedi l'attuale situazione della chitarra nel jazz e nel rock?

A.H.: Nel rock non saprei, perché non seguo questo tipo di musica. Nel jazz ci sono degli ottimi chitarristi, penso a John Scofield, a Scott Henderson, a Frank Gambale. E poi ci sono "grandi vecchi” come Joe Pass, John McLaughlin, Pat Metheny. Sono tutti musicisti fantastici!

S.M.: Un'ultima domanda: pensi che per un giovane musicista sia utile frequentare corsi specifici, come quelli che si tengono in centri didattici famosi come il Berklee o il GIT?

A.H.: Non credo sia necessario o quanto meno indispensabile. Oviamente è la mia opinione personale, ma tante volte i giovani chitarristi frequentano queste scuole pensando di imparare chissà che cosa. La musica è un linguaggio che va scoperto mano a mano seguendo la propria personale sensibilità, il proprio istinto e questo tipo di scuole tendono a spersonalizzare il musicista.

S.M.: Per cui sei assolutamente contrario all'insegnamento?

A.H.: Dico solo che non fa per me. Spero solo di non dover mai insegnare per sopravvivere.

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https://web.archive.org/web/20021014134825/http://www.axemagazine.com:80/principale.htm

https://web.archive.org/web/20071121004247/http://www.axemagazine.it:80/index.htm